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Giornale del Popolo

  Corinne Desarzens: "Finché non l'ho scritta, la vita non esiste" (di Elisabeth Vust)

Nata a Sète, nel 1952 (Francia) da genitori svizzeri, Corinne Desarzens vive a Nyon, nel canton Vaud. Dal 1989 ha coltivato un'opera romanzesca di rara libertà ed energia creativa: Poisson-Tambour, il suo ultimo romanzo, è appena stato pubblicato dall'editore Campiche. Corinne Desarzens a due fratelli gemelli. Oggi ne resta uno solo. Poisson-Tambour, il suo ultimo romanzo, torna sulle tracce del fratello che si è dato la morte, due anni fa. La scrittrice ridà voce a Frédéric attraverso la letteratura, nel ritmo ipnotico di un tamburo che accompagna i soldati verso il fronte. Cronaca di un inesorabile naufragio nella schizofrenia. Con uno stile suggestivo e inabituale, che arriva a paragonare il fratello a "un uovo fresco sul ciglio di un tavolo vacillante sul bordo del gradino di una scala".

In un romanzo del 1994, Aubeterre, lei raccontava la lite relativa a un'eredità, nella famiglia di suo marito. Oggi, con Poisson-Tambour lei si avvicina alla sua propria storia familiare. La realtà è un pretesto per la scrittura (o un pre-testo), oppure è la scrittura a permettere di digerire la propria vita?

Finché non l'ho raccontata, finché non l'ho scritta, la vita non esiste. Fuori portata. O esiste troppo, palpitante, debordante, disordinata, non ancora "in forma". Questo ci fa impazzire, il tempo necessario a raccontare puramente e semplicemente una storia. A correre dietro alla vita. La scrittura digerisce la vita? Noi tutti siamo un filtro, la vita è quel che accade attraverso di noi. Quel che rimane, più denso, più arbitrario, sempre sospeso. Sartre, che non è di gran lunga il mio autore favorito, dice che i libri non distruggono nulla e costruiscono così poco. I materiali sono sempre gli stessi, ma si dispongono in modo diverso se si lavora a caldo - con la passione e il dolore - o a freddo, quando fa bene riuscire a trovare una distanza. Credo sia il tempo, solo il tempo che permette di digerire.

Ma il lettore di Poisson-Tambour non sa se il romanzo è un racconto (auto)biografico …

Autobiografico o no, la domanda è la stessa. Il giro del mondo intorno all'ombelico o alla vagina di Annie Ernaux o Christine Angot mi annoiano. I ricordi distorti di Bret Easton Ellis mi affascinano, invece. E' di prima mano, il suo materiale, ma poi lo scrittore toglie, allunga, ricostituisce. Si lascia affatturare: e il risultato è una miscela talmente profonda che la verità deve rigar dritto. Giriamo le pagine ed è la sola cosa che conta.

Nel 2002, lei ha pubblicato Je suis tout ce que je rencontre e Je voudrais être l'herbe de cette prairie. Sono titoli che richiamano la sua maniera di fondersi al soggetto del libro, di lasciare la vita in nome della finzione. Questo nuovo libro avrebbe potuto allora intitolarsi Je suis Frédéric

Frédéric è il soggetto centrale. L'asse. Per tutta la vita, eclissata dai suoi stessi genitori ch'erano convinti di volere solo il suo bene, non ha mai potuto coniugare il verbo essere. Un verbo che si dipana, che può associarsi a tutti gli altri in quel che, in francese, chiamiamo il "presente continuo": "être en train". Un verbo potente, puro, non diluito, capace di tutto. Nella magnifica trilogia della norvegese Herbjorg Wassmo Dina signora di Reisnes [in Italia pubblicata da Giunti n.d.R.] la protagonista ripete fino alla nausea "Io sono Dina". Io presto la mia voce a Frédéric, perché possa infine coniugare il verbo essere. Il suo nome, come una parola magica, allontana l'epilogo. Frédéric non muore.

Questo racconto, dedicato a suo fratello, è anche un testo di resistenza (per non dire di resilienza) attraverso la scrittura?

Per forza di cose di resistenza, la scrittura va per forza contro corrente. Anche la lettura è un atto di resistenza. Il fatto stesso di chiudersi in una stanza con un libro è un atto tremendamente sovversivo.

Concluderei con una domanda sul suo stile, ricco d'immagini talvolta bizzarre. Si tratta di un lavoro lungo di ricerca e composizione di queste immagini o le "cadono in testa" già formate?

Le immagini attanagliano. Come al cinema. E sì, mi cadono proprio in testa bell'e fatte. Talvolta al risveglio. Spesso mentre cammino. Ho conservato la foto di Claudia Cardinale tratta da La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini. Sola, persa, sullo sfondo la periferia, Parma. Stupenda. Lawrence Durrell parla di un curry talmente fresco che veniva direttamente dalla ascelle di Krishna. Le vere immagini scombussolano talmente la lingua di tutti i giorni, ripetitiva, poco inventiva, prevedibile, letta centinaia di volte. Le immagini sono sempre nuove. Ci prendono a pugni.

Adattamento italiano: Le Cultur@ctifSuisse

Versione completa (in francese) : http://www.culturactif.ch/livredumois/janv06desarzens.htm


Page créée le 28.03.06
Dernière mise à jour le 28.03.06

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