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Giornale del Popolo

  Un'infanzia in riva al lago (Brigitte Steudler)

Nel suo ultimo romanzo, fresco di stampa presso l'editore Campiche, Janine Massard torna a parlare dei luoghi della sua infanzia, passata a Rolle, sulle sponde del lago Lemano. Il romanzo narra la vita quotidiana delle piccola Gisèle, che ha 4 anni nel 1939 e che vive da sola con la madre e il nonno in una piccola casa con giardino: la sorella, gravemente malata, è all'ospedale della città, mentre il padre è lontano, a sorvegliare le frontiere. Al centro del racconto, che alterna momenti tristi e gioiosi, c'è la figura del nonno, affettuoso e capace di "insegnare" il mondo alla bambina. Un legame e un racconto autobiografici, Janine Massard?

Vorrei precisare che, con Le jardin face à la France, ho voluto scrivere un vero romanzo. Non avrei osato definirlo un racconto autobiografico, perché ho dovuto in gran parte ricostruire i fatti, a partire dai ricordi che con il tempo si erano trasformati. Come si usa dire oggi in Francia, è una sorta di romanzo "auto-fictionnel": metto in scena i luoghi della mia infanzia e qualche persona vera, che già di per sé mi tornano alla mente in maniera selettiva e poco verificabile, ma li amalgamo con ciò che è proprio del romanzo, l'immaginazione. La memoria modifica gli avvenimenti: certi dettagli diventano fondamentali oppure scompaiono nelle profondità del passato. Anche per mio nonno è andata così: mi ricordo la sua statura imponente, le sue origini ugonotte, molto percettibili, che gli conferivano una grande dirittura e anche un po' di rigidità. L'intensità di quel rapporto mi ha accompagnato per tutta la vita, scolorendo a mano a mano. Ma è tornata con forza a visitarmi, quando ho perso, nel breve spazio di un anno, mia figlia maggiore e mio marito. Mi sono ritrovata frastornata, come dopo una grande catastrofe e ho cercato un ricordo luminoso ritornando con la mente alla mia infanzia. Ho sentito che solo così potevo sopravvivere. E così il personaggio di mio nonno è davvero ritornato.

Ma dopo tanti anni, come ha fatto a riportare a galla la personalità di questo nonno con tanta precisione, ritrovando le sue opinioni filosofiche, politiche, religiose e sociali? In fondo allora lei non era che una bambina…

Volevo scrivere un romanzo di circa 200 pagine, un racconto lungo incentrato su questa figura del nonno. Per aiutare il ricordo, per colmare le lacune, ho compiuto delle ricerche sugli ugonotti, perché mio nonno si diceva fortemente impregnato delle loro idee. Ho così anche ritrovato alcuni dettagli che lui mi aveva raccontato.

Il rapporto con il nonno è anche strettamente legato al suo percorso di scrittura: è lui, infatti, nel romanzo, ad insegnare a scrivere alla piccola Gisèle, aprendole la strada verso un mondo sconosciuto…

Questo libro è nato come se sgorgasse dal fondo della terra. C'era una verità profonda, che aveva bisogno di uscire. In pratica, l'ho scritto tra le cinque e le nove del mattino, con il lago ai miei piedi. Ritrovando il momento dell'alba sul Lemano, ho ritrovato i momenti vissuti, come in un'altra vita, ho avuto l'impressione che il libro mi fosse "dato", anche se l'espressione è esagerata, perché ho compiuto molte ricerche per scriverlo. E l'ho dedicato a mia figlia, che, come me, ha dovuto imparare a convivere con i tragici avvenimenti che abbiamo vissuto.

Il romanzo si conclude sulla scena in cui, molto più tardi, Rosa, la mamma di Gisèle, si ricorda delle belle cose che "il giardino di fronte alla Francia" ha portato loro, facendo dimenticare alla famiglia la tristezza dei tempi in cui ha vissuto. Proprio a quel punto, Gisèle, che già pensa di scrivere un libro, sussurra all'orecchio di sua madre "Scrivere è tessere il tempo". Che cosa ha voluto dire con questa poetica affermazione?

Quando scrissi La petite monnaie des jours, un romanzo molto autobiografico, mia madre fece questo commento: "ci hai ricamato un po' sopra, ma è così". Oggi lei non può più leggere questo nuovo libro, ma credo direbbe la stessa cosa. Se il verbo "tessere" mi è sembrato così giusto, è a causa di tutti i dettagli che ho dovuto assemblare del mio passato. Yvette Z'Graggen, che ha scritto molti romanzi ambientati nello stesso periodo (ma che è nata nel 1920), mi ha fatto notare che avevo saputo cogliere l'atmosfera di quell'epoca, in cui le cose di dicevano senza dirle, si sapevano senza saperle. Allora occorreva fare attenzione a quanto si diceva, c'erano manifesti per ricordare che era meglio tacere perché anche i muri avevano orecchie, e si parlava a mezza voce, si tenevano le cose in famiglia. Scrivere è forse mettere parole su queste cose che, a distanza di anni, sembrano chiarissime, ma che allora non osavamo nominare. Forse è questo che intendo con "tessere il tempo", anche se non mi sono chiesta esattamente cosa volessi dire, questa immagine è venuta spontanea, forse perché mi è parso di scrivere il romanzo dal tetto della mia casa di allora! La scrittura qualche volta ci fa dei bei regali!

Adattamento italiano: Le Cultur@ctifSuisse

L'intervista completa in francese: http://www.culturactif.ch/livredumois/nov05massard.htm


Page créée le 30.11.05
Dernière mise à jour le 30.11.05

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