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Giornale del Popolo

  Zone grigie dello sguardo antisemita, di Daniel Rothenbühler

"Signorina Stark" di Thomas Hürlimann, piccolo romanzo di formazione, è stato pubblicato in traduzione italiana dalla Marcos y Marcos; così come la prima opera di questo nipotino di Dürrenmatt, "La Ticinese" (1988), diffusa anche dalla Biblioteca Nord-Sud.

Zone grigie dello sguardo antisemita

di Daniel Rothenbühler

Il personaggio centrale di "Signorina Stark" è un ragazzo dodicenne che durante le vacanze estive presso suo zio, bibliotecario dell'abbazia di San Gallo, scopre il fascino dello "sguardo impudico": quello lanciato sotto le gonne delle visitatrici della biblioteca, alle quali porge le pantofole di feltro per proteggere il vecchio parquet, e quello che percorre gli scritti della biblioteca. Come mai allora il personaggio che dà il titolo al romanzo è la pia governante che vorrebbe guarire il ragazzo dagli "sguardi impudici"?

Poiché la signorina Stark lo rimprovera di essere un vero Katz, egli scopre un segreto: le origini ebree della famiglia materna. Allo stesso tempo gli si rimprovera di essere, in quanto figlio di sua madre, diverso dagli altri. Anche se non sa esattamente cosa ciò significhi, nel corso dell'estate nasce in lui una lieve paura di fronte a questo essere diverso. La signorina Stark fomenta questo timore e quindi l'amore che il ragazzo prova per lei assume un che di ambiguo. La governante diventa importante per la sua vita, per il suo risveglio erotico. Per questo è il personaggio che dà il titolo al romanzo. Gli insegna la paura di fronte a se stesso, gli inculca la cattiva coscienza. Nonostante ciò egli rivolge a lei gli sguardi impudici che quest'ultima gli vieta.

Che il fascino degli "sguardi impudici" guidi l'io narrante di "Fräulein Stark" anche nel racconto, viene rivelato già dalla prima frase del libro. Vi si afferma che lo zio quando "tocca i fogli di una bibbia millenaria", indossa guanti "neri come la biancheria intima di mia madre". Si potrebbe parlare di una poetica dello "sguardo impudico" anche da parte dell'autore Hürlimann?

Questa sua osservazione mi fa piacere. La percezione è soggettiva. Non è l'occhio che vede, ma l'anima. Non volevo vedere la biblioteca dell'abbazia mentre scrivevo il libro. Quando poi è stato pubblicato ci sono andato e sono rimasto deluso dalle dimensioni della sala. Nei miei ricordi era molto più grande. Un fatto che si può spiegare facilmente: allora ero piccolo e vedevo una sala più alta. Ho cercato di vedere il mondo, soprattutto quello dei libri e delle donne, con lo sguardo di allora.

Ma questo sguardo dal basso non comporta anche dei pericoli? Alcuni critici hanno ritenuto troppo riduttiva o addirittura equivoca la sua descrizione dell'antisemitismo svizzero all'inizio degli anni Sessanta.

Il mio racconto parla di un tabù. Come raccontarlo? Facendolo agire anche nel libro e rispecchiando così il contenuto nella forma. Se nominassi il tabù sin dall'inizio, il racconto perderebbe d'interesse. Insieme al ragazzo i lettori devono scoprire la verità a poco a poco e perciò il racconto ha bisogno di una certa durata. Chi non lo capisce non sa leggere.

Lei elabora anche parti della propria storia famigliare. Gli evidenti riferimenti del libro a fatti autobiografici e a persone reali e la loro trasformazione letteraria, sono stati criticati pubblicamente subito dopo l'apparizione da suo zio Johannes Duft. Cosa pensa di queste critiche e come vede Lei stesso questi riferimenti e la loro elaborazione letteraria?

Mio zio, che nel frattempo è morto, era storico e credeva ai fatti. Nel suo opuscolo ha corretto i miei "errori". Ha scritto ad esempio di non aver mai comprato la sua sottana di seta in un'esclusiva boutique di Roma. È vero, le parole "Roma", "esclusiva", "boutique" non hanno niente a che fare con la realtà di mio zio, ma le ho usate per rendere la sottana così preziosa come mi era apparsa all'epoca. Quando mia madre ha letto l'opuscolo, è scoppiata a ridere dicendo: "Allora è vero che le sottane erano di seta". Vuol dire che con la sua rettifica lo zio ha confermato il mio racconto. Qualcosa di bello è successo con la signorina Stark. Nei suoi ultimi mesi di vita si adeguava sempre più al personaggio del libro. Per la prima volta nella sua vita indossava un cappello, osava truccarsi e le facevano piacere gli sguardi che gli uomini le lanciavano per strada. In questo caso si vede chiaramente che un narratore dice la verità mentendo.

Il suo è uno dei pochi libri della letteratura svizzera contemporanea a essere stato tradotto in russo. Quali esperienze ha fatto con questa e con altre traduzioni?

Nei prossimi giorni mi recherò a Pietroburgo, dove presenterò il libro insieme al mio traduttore Roman Eiwadis, che, tra l'altro, è di origine ebrea. Lui e Itta Shedletzky, che sta attualmente traducendo il libro in ebreo, apprezzano proprio il fatto che il ragazzo riconosca solo a poco a poco il tabù, pur non capendolo fino in fondo. Entrambi i traduttori ritengono inoltre che la signorina Stark sia descritta con molta precisione. È antisemita, questo è chiaro, ma non è un mostro. Il mondo non si lascia suddividere in buoni e cattivi, vi sono zone grigie. Non tutti gli antisemiti sono cattivi ed è proprio questo che rende la cosa pericolosa. È stupido chiedere a un autore di creare personaggi unidimensionali e secondo parametri pedagogici. È meglio osare uno sguardo impudico che ci mostra che siamo buoni soltanto quando non dobbiamo mettere alla prova il nostro carattere. Ora sembra quasi che io abbia un messaggio da trasmettere, in realtà voglio soltanto raccontare e ho l'ambizione che nella forma del racconto si rispecchi il suo contenuto.

Adattamento italiano: Le Cultur@ctif Suisse

L'intervista completa (in francese e tedesco)
: http://www.culturactif.ch/livredumois/sept04hurlimann.htm


Page créée le 14.10.04
Dernière mise à jour le 14.10.04

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