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Domenico Bonini - Rudolf Schürch
Voci e Accordi, Cento autori svizzeri dell'Ottocento e del Novecento, Armando Dadò editore, 2003

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  Domenico Bonini - Rudolf Schürch / Voci e Accordi
 

ISBN 88-8281-110-7

"Nella loro antologia di testi svizzeri del XIX e XX secolo, Domenico Bonini e Rudolf Schürch ci mostrano tanto le voci divergenti quanto gli accordi tra le diverse letterature elvetiche. Il loro lavoro è originale e coraggioso: al posto di giustapporre i testi delle differenti culture, hanno cercato di ravvisarvi le affinità"

Roger Francillon

Isolamento e immobilismo sono stereotipi che - a torto o a ragione - accompagnano spesso il concetto di "identà elvetica".

Eppure, chi si trovasse a indugiare tra le quattro letterature nazionali, avrebbe modo di sincerarsi dell'indole inquieta e talvolta dissacratoria degli scrittori svizzeri - siano essi poeti, narratori o drammaturghi - e della loro connaturata tendenza a sperimentare nuove forme espressive.


Ne è testimone questa antologia, che accoglie testi di cento autori vissuti nel XIX e nel XX secolo: 37 di lingua tedesca, 26 di lingua francese, 23 di lingua italiana, 14 di area retoromancia.

Modernità d'intenti artistici e radicamento alla patria regionale, diversità di lingua e comune destino storico, "voci" marginali e "accordi" di particolari temperie e movimenti di idee: molti sono i fili che legano tra di loro questi brani, che i curatori hanno scelto non solo per l'intrinseco valore letterario ed espressivo, ma anche per l'impegno etico e i numerosi spunti di riflessione che essi sanno offrire al lettore.

Preceduti da una scheda bio-bibliografica dell'autore, un'introduzione critica e un apparato di note esplicative, i testi vengono in gran parte proposti in traduzione originale, pur essendo indicate in appendice le versioni italiane già esistenti.

Domenico Bonini è nato a Lugano nel 1941. Ottenuto un dottorato in lettere presso l'Università di Neuchâtel, ha insegnato nelle scuole medie superiori ticinesi. Narratore e saggista, per le Edizioni Dadò è stato pure coautore di quattro volumi sul patrimonio folclorico ticinese (Il meraviglioso - leggende, fiabe e favole ticinesi, 1990-1993) e di una ricerca sui viaggiatori e illustratori venuti in Ticino dal medioevo al primo conflitto europeo (Con gli occhi degli altri, 1996).

Rudolf Schürch è nato a Grenchen (SO) nel 1955. Laureato presso l'Università di Firenze, ha collaborato con quotidiani e riviste ticinesi e ha pubblicato il saggio Vittorio Sereni e i messaggi sentimentali (Vallecchi Editore, 1985). Attualmente insegna nelle scuole medie superiori del Canton Ticino.

Voci e Accordi, Cento autori svizzeri dell'Ottocento e del Novecento, Armando Dadò editore, 2003

  Prefazione, Roger Francillon


italiano
- français

Prefazione

La conseguenza del plurilinguismo elvetico è un multiculturalismo che si riflette nella diversità delle nostre letterature. Di regola esse vengono presentate ponendole una a fianco dell'altra, quasi che ognuna delle quattro letterature della Svizzera costituisse un'entità autonoma, indipendente sia da quelle delle nazioni vicine sia da quelle delle altre regioni linguistiche.
La Svizzera non è una nazione come le altre, d'accordo, ma nel corso della storia è andata formandosi una mentalità, uno spirito svizzero che ha impregnato la natura e il pensiero di tutti i suoi cittadini, a dispetto delle notevoli differenze culturali che separano svizzero-tedeschi, romandi, italofoni o romanci.

Fino alla Rivoluzione del 1798, la Confederazione elvetica dei Tredici Cantoni era uno stato monolingue con baliaggi o alleati francofoni, italofoni o grigioni. Già tra il XVI e il XVIII secolo si assiste però alla progressiva elvetizzazione dell'area romanda, costituita allora dalla repubblica di Ginevra, dal principato di Neuchâtel, dal vescovado di Basilea e dal Vaud bernese: un fenomeno che implica un distanziamento dalla Francia, con la quale la regione condivide lingua e cultura. Nel Settecento nasce poi il mito di una Svizzera libera nelle sue montagne, "risparmiata dai tumulti che agitano il resto del mondo", rimasta quasi allo stato di natura perché refrattaria ad ogni lusso e ostentazione di marca francese. Questo mito - che non rifletteva per nulla la realtà di un paese dominato dalle oligarchie patrizie - fu propagato dai viaggiatori, dopo che Rousseau gli ebbe data dimensione europea nella sua Lettre à D'Alembert e nella Nouvelle Héloïse.

Questa immagine di una Svizzera idillica viene ripresa nell'Ottocento dai grandi scrittori romantici, da Goethe a Hugo. A quell'epoca gli antichi baliaggi e alleati sono ormai diventati cantoni della Confederazione a tutti gli effetti. Accolti da poco nel grembo elvetico, questi nuovi venuti si trovano nella situazione di dover dimostrare attraverso la letteratura, le arti o il discorso politico l'appartenenza a uno Stato federale ed affermare così la loro nuova identità. Nella Svizzera romanda, ad esempio, il ginevrino Töppfer, inventore del fumetto, auspica una pittura nazionale, prendendosi gioco nelle sue Nouvelles genevoises di quei viaggiatori francesi che ritengono di aver scoperto la luna nelle Alpi svizzere. Nella seconda metà del secolo, saranno innumerevoli i romanzi popolari o le pièces teatrali intese ad esaltare questo sentimento nazionale.

Non cessano, anche nel XX secolo, le dispute sulla questione dell'identità elvetica. A fronte di un Gonzague de Reynold impegnato nella definizione di uno spirito svizzero, Ramuz proclama che questa identità non può che essere cantonale, spingendosi ad affermare, nel 1937 (in piena difesa spirituale della Svizzera), che la sola cosa che unisce tra loro gli Svizzeri è l'uniforme dei postini. Idea ribadita alla fine del secolo in occasione dell'esposizione universale di Siviglia nello slogan: "La Svizzera non esiste". I numerosi dibattiti sul ruolo della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale e nel corso della Guerra fredda testimoniano comunque l'importanza che gli Svizzeri continuano ad attribuire all'immagine del loro paese. Dalla felicità di essere svizzeri, per dirla con Denis de Rougemont, si è passati con Jean Ziegler alla vergogna di esserlo: non per questo però si è meno sensibili all'idea che un'identità svizzera esiste, con i suoi pregi o i suoi difetti, e anche negandola non si fa che confermarla.
Nella loro antologia di testi svizzeri del XIX e XX secolo, Domenico Bonini e Rudolf Schürch ci mostrano tanto le voci divergenti quanto gli accordi tra le diverse letterature elvetiche. Il loro lavoro è originale e coraggioso: al posto di giustapporre i testi delle differenti culture, hanno cercato di ravvisarvi le affinità.

Come sempre, in un'antologia, è necessario lasciar da parte scrittori che meriterebbero di figurarvi: una scelta che si fa ancor più delicata quando si tratta di autori viventi. Senza pretendere di essere esaustivi, i curatori di quest'opera hanno voluto anzitutto individuare le tendenze delle nostre varie letterature, sottolineandone le convergenze reciproche.
Un esempio significativo: è indubbio che esiste un'affinità tematica tra l'opera di Francesco Chiesa e quella di Ramuz. Nei loro romanzi entrambi hanno descritto le loro rispettive terre con originalità d'espressione. Ma se il Ticinese ha cercato di raccontare il suo paese con una lingua classica, per non dire accademica, il Vodese è ricorso a uno stile vicino all'oralità, antiaccademico, ciò che lo ha reso per molto tempo sospetto agli occhi dei puristi.

Restando nel XX secolo, è sorprendente rilevare i numerosi accordi tra le nostre diverse letterature. Armonie spesso intercalate nel tempo, giustificabili con l'influenza che possono aver esercitato scrittori tradotti nelle lingue delle altre regioni della Svizzera. È evidente, ad esempio, che il prestigio internazionale di Max Frisch o di Friedrich Dürrenmatt ha influenzato non solo epigoni alemannici come Otto F. Walter, Peter Bichsel o Adolf Muschg, ma pure autori romandi quali Velan, Chessex o Voisard, ticinesi come Giovanni Orelli o romanci come Theo Candinas. In tutti questi scrittori si ritrova la stessa volontà di rimettere in questione le strutture prestabilite, una comune indagine, spesso umoristica, della realtà elvetica, la riflessione sul destino dell'uomo in una società come la nostra.

C'è poi un altro aspetto che risalta dalla lettura di questa antologia: benché gli Svizzeri siano considerati dei pedagogisti nati e benché i saggi e i discorsi abbiano un posto di rilievo nelle loro diverse letterature, la poesia occupa - e a giusto titolo - un posto capitale in questo libro. Ciò che contraddice pure l'immagine dello Svizzero prammatico e materialista. È infatti sorprendente constatare che uno dei maggiori poeti di lingua italiana del XX secolo è il ticinese Giorgio Orelli e che il vodese Philippe Jaccottet è considerato in Francia uno dei poeti più importanti della seconda metà del Novecento. E lo stesso si potrebbe dire di Erika Burkart nella Svizzera tedesca. Questi poeti hanno avuto degli emuli nelle loro rispettive lingue, così che in questo avvio di XXI secolo la scena poetica risulta più vivace che mai, indice di un impegno che oltrepassa i problemi di identità e che affronta le questioni essenziali sul nostro ruolo nel mondo.

C'è un ultimo aspetto da sottolineare a proposito di questa antologia: il nostro paese è caratterizzato da forze centripete e da forze centrifughe. Un ripiegamento su sé stessi che a volte ha trovato espressione in testi di un nazionalismo sorpassato; ma anche un'apertura al mondo, all'immagine di Madame de Staël che nel suo castello di Coppet riunisce - per riprendere l'espressione di Stendhal - gli Stati generali del pensiero europeo, che andrà a irradiare le fondamenta della modernità. Oggi questo spirito di apertura si manifesta non solo nei racconti dei viaggiatori, tra i più grandi dei quali figura il ginevrino Nicolas Bouvier, ma anche nell'idea che ogni scrittura è un'avventura che trasgredisce i limiti e che, come diceva Ramuz, parte dal particolare per accedere all'universale.

Roger Francillon

Préface

Le plurilinguisme helvétique a pour conséquence un multiculturalisme qui se reflète dans la diversité de nos littératures. Lorsqu'il s'agit de les présenter, la règle sacro-sainte consiste à le faire de manière juxtaposée, comme si chacune des quatre littératures de Suisse formait une entité indépendante, à la fois de celle des nations voisines et de celle des autres régions linguistiques. Certes la Suisse n'est pas une nation comme les autres, mais au cours de l'histoire, il s'est créé une mentalité, un esprit suisse qui a imprégné la manière d'être et de penser de tous ses citoyens, en dépit des différences culturelles considérables qui séparent suisses alémaniques, romands, italophones ou romanches.

Jusqu'à la Révolution de 1798, la Confédération helvétique des Treize Cantons était un état monolingue avec des sujets ou des alliés francophones, italophones ou grisons. Mais l'espace romand que constituent alors la république de Genève, la principauté de Neuchâtel, l'évêché de Bâle et le Pays de Vaud bernois s'helvétise progressivement entre le XVIème et le XVIIème siècle et cette helvétistaion implique une distanciation par rapport à la France avec laquelle cette région partage sa langue et sa culture. Se crée du reste au XVIIIème siècle le mythe d'une Suisse libre dans ses montagnes, "exempte des troubles qui agitent le reste du monde", restée proche de la nature parce que s'abstenant de tout luxe et de toute ostentation à la française. Ce mythe - qui ne correspondait absolument pas à la réalité d'un pays dominé par des oligarchies patriciennes - fut relayé par les voyageurs après que Rousseau lui eut donné sa dimension européenne dans sa Lettre à d'Alembert et dans la Nouvelle-Héloîse.

Cette image idyllique de la Suisse est reprise au XIXème par les grands écrivains romantiques de Goethe à Hugo. A cette époque, les anciens sujets et alliés sont devenus des cantons à part entière de la Confédération. Pour ces nouveaux venus dans le giron helvétique, il faut à travers la littérature, les arts ou le discours politique manifester cette appartenance à un Etat fédéral et conquérir cette nouvelle identité. En Suisse romande, par exemple, le Genevois Töpffer, créateur de la bande dessinée, appelle de ses voeux une peinture nationale et se moque dans ses nouvelles genevoises des voyageurs français qui croient avoir découvert la lune dans les Alpes suisses. Dans la deuxième moitié du siècle, innombrables sont les romans populaires ou les pièces de théâtre qui veulent exalter ce sentiment national.

Au XXème siècle, les disputes autour de la question d'une identité helvétique n'ont jamais cessé. Contre un Gonzague de Reynold qui cherche à définir un esprit suisse, Ramuz proclame que l'identité ne peut être que cantonale et il ira même jusqu'à dire, en 1937, en pleine défense spirituelle de la Suisse, que la seule chose qui unisse les Suisses entre eux, c'est l'uniforme des postiers. Même idée à la fin du siècle lors de l'exposition universelle de Séville avec le slogan : "la Suisse n'existe pas". et pourtant les nombreux débats suscités par la position de la Suisse durant la Seconde guerre mondiale et durant la Guerre froide témoignent de l'importance que l'image du pays continue à avoir pour ses citoyens. Si l'on a passé du bonheur d'être suisse avec Denis de Rougemont à la honte de l'être avec Jean Ziegler, on ne reste pas moins tributaire de l'idée qu'il existe une identité suisse, avec ses qualité ou ses défauts et qu'en déniant cette identité on ne fait en somme que la confirmer.

***

Dans leur anthologie de textes suisses des XIXème et XXèmes siècles, Domenico Boninin et Rudolph Schürch ont voulu montrer à la fois des divergences de voix et des accords entre les diverses littératures de la Suisse. Leur entreprise est originale et audacieuse : au lieu de juxtaposer des textes de chaque culture, ils ont tenté de montrer des ressemblances entre les différents textes choisis. Comme toujours, dans une anthologie, il est nécessaire d'écarter des écrivains qui auraient mérité d'être présents et lorsqu'il s'agit d'auteurs encore vivants, le choix est encore plus délicat. Sans prétendre à l'exhaustivité, les responsables de ce livre ont voulu avant tout mieux marquer les tendances et faire ainsi apparaître des convergences entre nos diverses littératures.

Pour prendre une exemple frappant, il est clair qu'il peut exister une similitude thématique entre l'oeuvre de Francesco Chiesa et celle de Ramuz. Dans leurs romans, ils ont donné à leur pays respectif une expression singulière. Mais alors que le Tessinois a cherché à exprimer son pays dans une langue classique, pour ne pas dire académique, le Vaudois a voulu trouver un style proche de l'oralité, antiacadémique, et qui l'a longtemps rendu suspect aux yeux des puristes.

Pour rester au XXème siècle, il est frappant de constater de nombreuses harmoniques entre nos différentes littératures. Parfois avec des décalages dans le temps qui s'expliquent par l'influence que peuvent avoir eu des écrivains traduits dans les langues des autres parties de la Suisse. Il est clair par exemple que le prestige international de Max Frisch ou de Friedrich Dürrenmatt a marqué non seulement leurs épigones alémaniques comme Otto F. Walter, Peter Bichsel ou Adolf Muschg, mais aussi des auteurs romands comme Velan, Chessex ou Voisard, des tessinois comme Giovanni Orelli ou des romanches comme Theo Candinas. Chez tous ces écrivains se retrouve une même volonté de remise en question des structures établies, une même quête souvent humoristique de la réalité helvétique, une réflexion sur le destin de l'homme dans une société qui est la nôtre.

Un autre aspect qui apparaît à la lecture de cette anthologie : si les Suisses sont volontiers considérés comme des pédagogues nés et que les essais et les discours ont une grande place dans leurs diverses littératures, la poésie occupe à juste titre dans ce livre une place capitale. Cela contredit également l'image du Suisse pragmatique et matérialiste. Il est assurément frappant de constater que l'un des grands poètes de langue italienne du XXème siècle est le Tessinois Giorgio Oreli et que le Vaudois Philippe Jaccottet est considéré en France comme l'un des poètes les plus importants de la deuxième moitié du XXème sicle. On pourrait en dire autant pour Erika Burkart en Suisse allemande. Ces poètes ont eu des émules dans leur langue respective et en ce début du XXIème siècle, la poésie est plus vivante que jamais, signe d'une quête qui dépasse les problèmes d'identité et qui pose les questions essentielles de notre être dans le monde.

Un dernier point à mettre en évidence à propos de cette anthologie : notre pays est marqué à la fois par des forces centripètes et des forces centrifuges. Repli sur soi qui a pu s'exprimer parfois dans des textes d'un nationalisme dépassé; mais aussi ouverture sur le monde, à l'image de Mme de Staël qui, dans son château de Coppet, réunit selon l'expression de Stendhal les Etats généraux de la pensée européenne et qui réfléchit alors sur les fondements de la modernité. Aujourd'hui cet esprit d'ouverture se manifeste non seulement dans les récits des voyageurs dont l'un des grands maîtres est le Genevois Nicolas Bouvier mais aussi dans l'idée que toute écriture est une aventure qui transgresse les limites et qui, comme le pensait Ramuz, part du particulier pour accéder à l'universel.

Roger Francillon

  Indice

Prefazione di Roger Francillon
Avvertenza
Introduzione

Anelito preromantico
Gli esordi lirici in lingua tedesca
Albrecht von Haller
Salomon Gessner

Lo spirito e la terra
Il cosmopolitismo nella letteratura romanda
fra sette e ottocento

Isabelle de Charrière
Germaine de Staël
Benjamin Constant
Charles-Victor de Bonstetten
Henri-Frédéric Amiel

Liberi e svizzeri
Scrittori politici di lingua italiana
Vincenzo Dalberti
Stefano Franscini

Chimere dell'assoluto
Narrativa svizzera tedesca dell'ottocento
Jeremias Gotthelf
Gottfried Keller
Conrad Ferdinand Meyer
Carl Spitteler

Rinascita di un'identità
La letteratura retoromancia
Giachen Caspar Muoth
Peider Lansel

Idilli lacustri e montani
Residui ottocenteschi nella narrativa svizzera italiana
Francesco Chiesa
Angelo Nessi
Giuseppe Zoppi

Tra simbolo e realtà
La letteratura romanda agli esordi del novecento
Charles-Ferdinand Ramuz
Gonzague de Reynold
Guy de Pourtalès
Charles-Albert Cingria
Denis de Rougemont

Heimatlose
Narrativa e poesia svizzere tedesche
d'inizio novecento, fra critica sociale e straniamento

Jakob Bührer
Rudolf Jakob Humm
Kurt Guggenheim
Meinrad Inglin
Ludwig Hohl
Hermann Hesse
Robert Walser
Jakob Schaffner
Friedrich Glauser
Karl Stamm

Basta con le pannocchie al sole
Poesia e prosa nella Svizzera italiana dagli anni quaranta
Pino Bernasconi
Felice Menghini
Remo Fasani
Amleto Pedroli
Ugo Canonica
Giorgio Orelli
Felice Filippini
Guido Calgari
Piero Bianconi
Sandro Beretta
Giovanni Bonalumi
Plinio Martini

Retoromanci
della prima generazione novecentesca
Giachen Michel Nay
Gian Fontana
Toni Halter
Gion Desplazes
Jon Semadeni
Hendri Spescha

Echi di un risveglio
Il novecento in Romandia
Blaise Cendrars
Gustave Roud
Maurice Zermatten
Charles-François Landry
Jacques Mercanton
Corinna Bille
Georges Borgeaud
Maurice Chappaz
Jean-Pierre Monnier

Giochi d'ombre
Avanguardia drammaturgica e narrativa svizzera tedesca
Max Frisch
Friedrich Dürrenmatt

Retoromanci
della seconda generazione novecentesca
Tista Murk
Cla Biert
Andri Peer
Theo Candinas
Luisa Famos Puenter
Leo Tuor

Strategie dell'immaginario
Poesia e prosa di fine novecento nella Svizzera italiana
Grytzko Mascioni
Fabio Pusterla
Enrico Filippini
Giovanni Orelli
Alice Ceresa
Elda Guidinetti

Lirismo
in versi e in prosa nella Romandia del novecento
Philippe Jaccottet
Jacques Chessex
Ella Maillart
Nicolas Bouvier
Alexandre Voisard
Monique Laederach
Anne-Lise Grobéty

Tendenze recenti
Letteratura svizzera tedesca del secondo novecento
Erika Burkart
Otto Friedrich Walter
Hugo Loetscher
Paul Nizon
Jürg Federspiel
Eveline Hasler
Adolf Muschg
Peter Bichsel
Gerhard Meier
Jürg Schubiger
Ernst Burren
Gerold Späth
Hermann Burger
Niklaus Meienberg
Franz Hohler
Felix Mettler
Gertrud Leutenegger
Thomas Hürlimann
Nicole Müller

Bibliografia
Elenco delle opere tradotte in italiano
Indice dei nomi
Fonti delle illustrazioni

  Rassegna stampa

La naturale molteplicità che contraddistingue gli svizzeri si rivela una ricchezza di Voci e Accordi, in cui sono le affinità che vanno messe a frutto, più che le diversità. Una rapida scorsa al volume [...] consente di capire che il radicamento alla patria regionale, le diversità linguistiche [...] fanno della svizzera un laboratorio interessantissimo per sondare meglio certe tendenze della Weltliteratur mondiale.

Stefano Salis
Il Sole 24 Ore
21.09.2003

Le quattro letterature a confronto

"Voci e accordi" di Domenico Bonini e Rudolf Schürch offre un panorama di testi, utile ad accertare il nostro stato delle lettere. E se fino alla prima metà del Novecento il canone è rispettato, la selezione successiva potrebbe far pensare ad un microsisma.

[...] " Voci e accordi" può essere considerato un necessario complemento di un'altra opera, il " Dizionario delle letterature svizzere", pubblicato circa un decennio prima per altra circostanza celebrativa, il 1991, anche se la concezione e la struttura delle due opere sono sostanzialmente diverse.
Intanto, il " Dizionario", in edizione trilingue, si propone di offrire una " immagine globale delle lettere svizzere" ( come si legge nella presentazione) e raccoglie gli autori dei vari secoli, dalle origini al Novecento, con schede biobibliografiche, senza il sussidio dei testi, se non citazioni di poche righe. [...] " Voci e accordi" fornisce invece un'ampia raccolta antologica di prosa e di poesia in quanto ogni autore è presente con un campione rappresentativo, commento e bibliografia. Non mancano, nel passato, antologie o storie letterarie elvetiche. Prima del " Dizionario", nel 1964, presso l'Artemis Verlag era apparsa una raccolta, pure antologica, ma limitata agli scrittori viventi, dal titolo " Lettere elvetiche d'oggi" ( in tedesco " Bestand und Versuch"). [...] Nel 1977, la Benziger Verlag pubblica un'antologia, col solo titolo tedesco, " Schweizer Lyrik des zwanzigsten Jahrunderts" [...]

" Voci e accordi" su cento autori, di cui 37 di lingua tedesca, 26 di lingua francese, 14 di area retoromancia, fa spazio a 23 autori di lingua italiana. Una rappresentanza di tutto rispetto. Altro, certo, è il discorso sui promossi. E allora si può dire che fino alla prima metà del Novecento il canone è del tutto rispettato, nel senso che gli autori che contano sono ben rappresentati. A partire dai famosi anni quaranta, la selezione è sub judice, come avviene di ogni evento artistico o letterario, per il quale il tempo dovrà pronunciare il suo giudizio.[...]

Amleto Pedroli
Giornale del popolo
26.08.2003

Una difficile indentità

[...] le quattro lingue nazionali, invece di contribuire a rinfoltire la schiera degli autori, sembrano, al contarrio, averne favorito la decimazione. Non soltanto perchè spesso poeti e narratori hanno cercato fuori dai confini la loro più grande e più forte patria linguistica [Germania, Francia, Italia] ma anche perchè il sentimento commune li ha spesso assegnati d'ufficio a questa o a quella letteratura. [...]
Per contro difficlmente è successo che scrittori stranieri trasferiti a vivere in uno dei cantoni, sia pure per lunghissimi anni, siano per questo in qualche modo diventati svizzeri nel sentire comune. [...]
[...] un Paese plurilingue: culturalmente più ricco e con più risorse, ma paradossalmente soggetto a continue sottrazioni. [...]
Chissà che non sia proprio questa una delle ragioni [...] che ha ispirato l'antologia curata da Domenico Bonini e Rudolf Schuerch [...]
[...] alla fine nonostante le distanze [...] qualche costante la si può trovare. Quella per esempio della critica sociale, che scavalca i tempi, le geografie e le culture.

Isabella Bossi Fedrigotti
Corriere della Sera

Cento firme dalla svizzera

Nel 1988, quando venne invitata come ospite d'onore alla fiera del libro di Francoforte, la Svizzera si presentò con un vero esercito di quasi centocinquanta scrittori, o presunti tali, provenienti dalle quattro regioni linguistiche del paese [...] Un numero [...] quasi imbarazzante, che ha fornito al mondo intero l'immagine deformata e un pò grottesca di un paese di cuccagna letteraria, dove chiunque metta qualcosa nero su bianco trova immediatamente qualche editore pronto a pubblicarlo e qualche [...] istituzione pronta a [...] inghirlandarlo con premi, riconoscimenti, incentivi e non trascurabili somme di denaro.
In realtà la Svizzera è davvero il paese della cuccagna letteraria, ma per motivi ben diversi. Se si passa infatti in rassegna la storia della letteratura svizzera, si nota che la vicina Confederazione Elvetica, che conta poco più di sei milioni di abitanti, ha prodotto un considerevole numero di autori di rango mondiale.[...] Questi autori sono i protagonisti di [...] Voci e Accordi.
La mole del volume rivela a dire il vero una residua persistenza di quella che si potrebbe ormai definire "sindrome di Francoforte" [...] anche perchè in alcuni casi si assiste alla coabitazione forzata (e un pò ridicola) tra geni assoluti della letteratura e autori di terzo o quarto rango [...] L'autentico valore del volume va dunque cercato non tanto nella sua pretesa di completezza[...] quanto piuttosto nel merito consistente nel portare alla ribalta gli autori che stanno qualche gradino [...] sotto i grandissimi e che sono poco tradotti e poco conosciuti in lingua italiana. [...] Per chi fosse interessato, un occasione da non perdere.

Mattia Mantovani
La Provincia
20.08.2003

Cultura CH

[...]
L'antologia è stata salutata, per quel che ho visto, e fin qui, con favore [...]. Il risultato maggiormente sottolineato è nello sforzo degli autori per mostrare che ci sono anche affinità, convergenze sostanziose tra gli scrittori delle quattro letterature « svizzere » . In altre parole, i due antologisti si distanzierebbero dall'opinione di Fabio Pusterla per il quale le nostre quattro letterature ricordano quegli « sconosciuti obbligati dal caso a condividere una sala d'aspetto o un ascensore » .

Lasciando allora da parte gli elogi che, per quanto di buono nel libro c'è, i due autori si meritano, vorrei sfruttare lo spazio che ho per dire anche qualcosa su quello che non c'è.
[...]
Perché è assente il nome di uno scrittore di valore come Romano Amerio? Ciò viene a dire che non si crede a questa verità formulata da Gianfranco Contini [...] nel presentare Luigi Einaudi ( un economista!) nella sua Letteratura dell'Italia unita: « La presenza di un economista tra i migliori prosatori di questo secolo vuole richiamare l'attenzione sulla lunghissima e non abbastanza riconosciuta parte che la scrittura funzionale occupa accanto alla scrittura autonoma nei valori espressivi contemporanei » . E per Roberto Longhi ( p. 516) « È assai importante constatare che molta eccellente prosa contemporanea non è nata come " arte per l'arte", bensì come corrispettivo formale d'una ricerca scientifica (...) » .
Detto questo, fatto il nome di Amerio, e visto che l'Antologia di Bonini e Schürch si propone, vedi il sottotitolo, di occuparsi di autori svizzeri dell'Ottocento e del Novecento, l'elenco degli scrittori della scrittura funzionale estromessi da questa « nazionale » dei cento... si allungherebbe di molto: pensare, tra altri, a naturalisti che scrivono bene come il Calloni, il Lavizzari; pensare a grandi « mediatori » grigionesi come Johann Caspar Orelli, lo Scartazzini, il Luzzi...
[...]

Giovanni Orelli
Azione
22.10.2003

 

Page créée le: 25.11.03
Dernière mise à jour le 28.11.03

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