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Giornalismo e poesia?

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Ormai lo sappiamo, la Svizzera romanda ci ha offerto voci d'intensità stregante, in particolare nella letterature femminile, da Catherine Colomb alla rapinosa Alice Rivaz. E quest'autunno si è aperto all'insegna delle donne: con il Gran Prix Ramuz a una scrittrice dalla fine tempra femminile come Anne-Lise Grobety, e con questi due nuovi libri, molto diversi, ma entrambi di voce femminile.

Monique Laederach, Je n'ai pas dansé dans l'île

Monique Laederach Premio Schiller 2000 per l'insieme dell'Opera, pubblica Je je n'ai pas dansé dans l'île, presso l'editore L'Age d'Homme. Claire Genoux, premio Ramuz per la poesia, propone con Poitrine d'écorce, presso l'editore Campiche, la sua prima prova narrativa, un libro di racconti. A metterle una accanto all'altra, queste scritture rivelano un temperamento, un'idea dello scrivere, una voce, totalmente differenti.

Monique Laederach prosegue caparbiamente la dissezione dell'identità di genere: ma la trama del libro non deve ingannare; non è probabilmente a livello del racconto - una complicatissima avventura di una scrittrice che si traveste da uomo, negando se stessa per amore di uno scrittore perversamente omosessuale che le impedisce un'identità - non è a questo livello, dicevamo, che l'autrice si cerca: la scommessa è posta a livello del linguaggio, ammirabilmente teso a sostenere un racconto davvero originale; linguaggio teso, duro, bruciante, proprio perché la protagonista deve ammettere, alla fine del romanzo che, avendo rinunciato a un corpo che la definisse, non le resta che vivere il linuaggio.

Monique Laederach, Je n'ai pas dansé dans l'île, Lausanne, L'Age d'Homme, 2000, pp. 117.

Claire Genoux, Poitrine d'écorce

Più intenzionata ad usare la lingua piuttosto che a viverla, invece, Claire Genoux, che, nella leggerezza talvolta un po' kitsch delle sue metafore, sembra volersi avvicinare ancora di più al modello tutto romando di Corinna Bille. La sua raccolta si apre e chiude, significativamente, su racconti di morte: un incidente di montagna, un funerale. E il senso del titolo non è da intendersi come un richiamo naturalistico alla Emerson, quanto come una tentazione morbosa alla putrescenza delle cose, che la natura cerca di forzare. Tutti i racconti testimoniano dunque di un bisogno disperato di vita, contro una natura che insinuosamente violenta la donna-bambina che pure ne è attratta;natura ove si incontrano lupi e gatti che la perdono sessualmente. Ed è come se l'ingenuità, che diventa anche cifra espressiva con risultati stilistici alterni,fosse la sola risposta possibile. Inversamente a Monique Laederach, per cui solo l'assunzione duramente femminista della propria differenza di donna, assunzione intellettuale e culturale, si traforma in una scrittura come cifra stessa dell'esistenza femminile

Claire Genoux, Poitrine d'écorce, Orbe, Bernard Campiche Editeur, 2000, pp. 104.

 

Page créée le 09.10.01
Dernière mise à jour le 09.10.01

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