La critica letteraria in Svizzera

Il 30 aprile esce “Viceversa Letteratura” n° 2 (2008) . Nel ricco sommario si segnala un dossier speciale – con inchieste, interviste e analisi – dedicato alla critica letteraria in Svizzera . A completare questo dossier, le pagine di Culturactif propongono una serie di approfondimenti e opinioni: numerose personalità del mondo letterario svizzero si esprimo sul tema, mentre due ampie interviste propongono di approfondire il soggetto in compagnia di due critici reputati: Manuela Camponovo (Giornale del Popolo, Lugano) e Isabelle Rüf (Le Temps, Ginevra). Nelle pagine del Culturactif di giugno si aggiungerà a queste un'incontro con Charles Linsmayer, critico, editore e pubblicista zurighese.

 

Critica letteraria in mutamento
di Erica Benz-Steffen

«La critica letteraria va a gonfie vele e indica la direzione da seguire», così si è espresso di recente l'autore, traduttore e critico letterario inglese Michael Hofmann nella sua relazione tenuta in occasione di un convegno internazionale a Monaco sul tema «Critica letteraria e pubblico letterario nel confronto europeo». Si riferiva all'area anglosassone dove le recensioni librarie nei giornali rinomati rivestono ancora un ruolo importante.
Questa affermazione non si addice alla situazione in Svizzera. Con il mutamento della pagina culturale si è modificata anche l'importanza della critica letteraria. Nei giornali non occupa più lo stesso spazio, poiché i temi culturali tradizionali sono sostituiti un po' ovunque da temi popolari.
Questa evoluzione è stata osservata per diversi anni soprattutto nella Svizzera tedesca, dove le pagine culturali e con loro le recensioni librarie sono diminuite e le riviste letterarie hanno modificato la loro strategia o sono scomparse. Eccezioni confermano la regola.
Se si pensa che solo le case editrici svizzere lanciano sul mercato ben 2000 titoli letterari all'anno, il lettore può chiedersi come orientarsi in questa giungla. Sono necessari una selezione e punti di riferimento, affinché il lettore abbia la possibilità di trovare «l'ago nel pagliaio». Ed è qui che entra in scena il critico.
Oltre alle recensioni delle pagine culturali dei giornali principali, i lettori dispongono di parecchie altre fonti d'informazione sui nuovi libri: dalla televisione a Internet. Lo stesso lettore può addirittura diventare un «critico letterario» e dilettare con la sua opinione personale in genere offuscata da nessuna conoscenza specifica per esempio nella rete in Amazon. È evidente che queste nuove forme espressive conducono a considerevoli differenze qualitative e non danno necessariamente maggiori informazioni. Nel caso delle trasmissioni televisive ci si può chiedere che cosa sia effettivamente posto in primo piano, il libro di cui si discute oppure lo stesso critico. In ogni caso si devono offrire trasmissioni con sufficiente potenziale d'intrattenimento. In questo medium sono popolari anche le recensioni in forma breve del genere «Ho letto, ho pianto e tutto era perfetto. Splendido!», che facilitano il marketing alla casa editrice. Questo carattere riduttivo non sorprende se si pensa che capolavori letterari vengono divulgati sotto forma di brevi riassunti.
Niente contro il tentativo dei critici di attirare l'interesse del grande pubblico per le trasmissioni letterarie e forse anche per la lettura, ma dovrebbe trattarsi di qualcosa che vada oltre a semplici slogan promozionali.
Il concetto «promozionale» ci porta inevitabilmente al mercato librario, che ha anche subito cambiamenti radicali. Per essere venduti i libri non devono passare inosservati. Il miglior modo per giungere al successo di vendita sono le liste dei bestseller, anche se solo i primi posti godono della dovuta attenzione. Lo scalpore suscitato dai mass media attorno all'autore fa il resto. Anche questa evoluzione influenza il margine d'azione e l'importanza della critica letteraria.
La celebre critica Sigrid Löffler parla al riguardo di una spaccatura del mercato librario. Sostiene che le case editrici producono due generi di libri: «commerciali» e «giornalistici». I libri commerciali, il cui successo di vendita è più o meno garantito, non hanno bisogno della critica letteraria e vengono lanciati sul mercato senza tenerne conto.
I libri giornalistici, invece, per attirare l'attenzione hanno bisogno di buone recensioni. Ciò significa, per usare un'espressione forte, che il critico non può scegliere liberamente i suoi titoli, ma deve accettare quelli che gli vengono proposti dalle case editrici.
Solo i diretti interessati possono valutare fino a che punto questa evoluzione si sia già propagata in Svizzera. A me sembra che la situazione non sia così drammatica. Varrebbe la pena discuterne.
L'elenco dei cambiamenti, in genere negativi, può continuare ad essere prolungato e se ne è già accennato in diversi altri contributi.
Tutti gli autori, che in questa edizione di Viceversa si sono espressi sul tema critica letteraria in Svizzera, concordano su un punto: è necessario un sistema letterario di riferimento con molte voci critiche e indipendenti. È necessario porre un contrappeso alla valutazione dei libri orientata alla vendita, spesso scambiata con la critica letteraria. Una recensione professionale dei libri è indispensabile per i lettori che non vogliono che sia il mercato a dettare le loro letture (si dovrebbe inoltre attribuire più importanza alla letteratura svizzera!). Vale la pena riflettere su che cosa è possibile intraprendere per salvaguardare una critica letteraria che meriti di portare questo nome.

Erica Benz-Steffen ha diretto fino al 2007 la divisione Letteratura e Società di Pro Helvetia; dal 2008 è coordinatrice di un progetto comune di Austria, Germania e Svizzera nel Sudest asiatico nel campo della traduzione.

Traduzione di Antonella Brubacker

 

Rispetto, Signore e Signori, abbiate rispetto.
di Ricco Bilger

«Per il primo la fatica è maggiore che per gli altri e quando non ce la fa più uno del quintetto di testa passa avanti. Ognuno di quelli che seguono la traccia, anche il più piccolo, il più debole, deve posare il piede su un lembo di neve vergine e non nella traccia di un altro. Quanto ai trattori e ai cavalli, non sono per gli scrittori, ma per i lettori.» Queste parole si trovano alla fine del racconto Nella neve che lo scrittore sovietico Varlam Salamov (1907-1982) ha posto all'inizio della raccolta I racconti di Kolyma , scritti dopo il suo ritorno dal lager nella regione di Kolyma.
La pianura è un paesaggio intatto che sprofonda nella neve. Un tappeto nevoso tessuto dall'uomo quando è venuto a conoscenza di una storia e ha trovato una lingua per raccontarla. Se osserviamo attentamente, scopriamo in quest'uomo uno scrittore con un seguito alle spalle. Varlam Salamov è l'unico che ha saputo descrivere così bene questa piccola carovana. In questo bianco ci si inoltra a fatica affondando e al primo che percorre questa via vengono risucchiate quasi tutte le forze. Passo dopo passo scrive lungo una linea invisibile la cui fine è imprevedibile. Egli stesso pone i suoi segnavia. Chi segue non deve faticare tanto. L'editore segue ciecamente, fiducioso che lo scrittore, che ha deciso di seguire, lo conduca, attraverso questo deserto, al mare. Egli, cresciuto di qualche centimetro, è sempre pronto, a tratti, a muovere i primi passi nella neve, consapevole di trasformare le orme di stivali in un sentiero di orme di stivali. Il consulente editoriale e il correttore tirano una piccola slitta carica di tè e gallette. Un vento glaciale sfreccia sulla coperta bianca. Pantaloni, giacca e camicia sono logori. Fumo di sigarette arrotolate con licheni e muschio si libra nel cielo abbagliante, inespressivo.
Poi appare un piccolo gruppo di quattro, cinque persone avvolte in una folta pelliccia di renna e foca leopardo. Seguono la traccia. Sanno che da soli nella Tundra sarebbero perduti. Non è la prima carovana a cui si sono uniti. Sanno anche che non giungerebbero da nessuna parte senza apportare il proprio contributo. Sono accompagnatori e non passeggeri. Tocca a loro assumersi la responsabilità. Gli uni, quando lo scrittore sembra giungere alla fine delle sue forze, tracciano una pista per alcune verste. Gli altri preparano il sentiero, gli danno un nome, pongono segnavia. Altri ancora riassumono, raccolgono le pagine che coprono le traccia dello scrittore, le legano, le mettono al sicuro tra la pelliccia e la pelle nuda. Non sono soli. Si chiamano critici, sono critici letterari. Le loro guance tonde sono arrossate di passione e i loro occhi brillano d'eccitazione, un foglio perso potrebbe sfuggirgli nello strascico del poeta. Sanno che i lettori, che giungono su cavalli e trattori, confidando pienamente in chi prepara la via, sono disposti a seguire la traccia dello scrittore. La grande dea bianca ha creato i critici unicamente per attirare la loro attenzione sulla profondità delle orme del poeta e per capire se girano in tondo oppure si dirigono verso il mare con passo sicuro.
I critici letterari seguono le orme altrui. È il loro compito. Per adempierlo occorre avere un grande rispetto nei confronti di coloro che hanno tracciato la pista e un altrettanto grande rispetto nei confronti di coloro che la seguono, i lettori.
In poche frasi Varlam Salamov ha detto tutto ciò che si poteva dire sul tema della critica letteraria. In un Paese, in un'epoca, in cui il rispetto è diventato la virtù suprema e maggiormente rimpianta.

Ricco Bilger è editore (bilgerverlag) e libraio (sec52) a Zurigo nonché presidente di Swiss Indipenden Publishers , SWIPS.

Traduzione di Antonella Brubacher

 

La critica letteraria specchio della letteratura
di Claude Frochaux

La critica letteraria è un eco, uno specchio, un riflesso della letteratura stessa. E nella Svizzera romanda, come d'altronde dappertutto nell'Europa occidentale, la letteratura sta male. È dunque normale che la critica non sia nella sua forma migliore. Non è colpa sua: guarda, segue, si rende conto, constata. Poco a poco, grazie al marketing, il suo spazio redazionale diminuisce. Non viene cancellata: semplicemente impallidisce. A tutti i livelli: meno impegno, meno entusiasmo o passione. Meno concentrazione. La vera letteratura «letteraria» deve scendere a patti con la sociologia, l'aneddoto, il gossip, la situazione geo-ideologica, il commercio. Quello che ruota attorno a un libro o a un autore diventa l'oggetto centrale del commento. Da dove viene il tal autore, come si iscrive nel paesaggio politico e culturale, chi o che cosa rappresenta, quanti anni ha, che mestiere fa, perché parla di questo argomento, qual è la sua legittimità a parlarne? Si è attorno al libro più che dentro il libro. Si ha talvolta l'impressione che l'esercizio consista nel parlare di un libro senza parlarne. Come se, a forza di girarci attorno, si potesse riuscire a non aprirlo.
Il povero critico letterario contemporaneo è preso tra due fuochi. Si rende conto che la letteratura non è o non è più al centro delle preoccupazioni dei suoi lettori. D'altro canto, c'è una tradizione da rispettare e l'obbligo di difendere dei valori riconosciuti: bisogna continuare. Tutte le traverse, dunque, sono buone. Ci sono i fumetti, i polizieschi, la fantascienza, i nuovi mezzi di espressione, i rapporti con il cinema, la TV, gli avvenimenti mediatici, i premi, tutto va bene per sfuggire a questo compito: confrontarsi veramente con un libro, seguire un autore nella sua creazione, fungere da passerella tra lui (l'autore) e l'eventuale futuro lettore. Ma non infieriamo sui critici. La letteratura ha sempre avuto i critici che meritava, sarebbe indecente chiedere loro di portare sulle spalle una letteratura che ha perso il suo carattere di nobiltà.

Claude Frochaux è nato nel 1935. Libraio, poi editore presso l'Age d'Homme dal 1968, è scrittore (romanziere e saggista) e vive a Losanna.

Traduzione di Alessandra Moretti

 

Il vento della critica, oltre la contingenza
di Gilberto Isella

Luogo d'interpretazione fluttuante tra filologia e scienze umane (estetica in testa), la critica letteraria ha sempre faticato a garantirsi condizioni di vera autonomia. Essa pare destinata a rimanere ‘senza qualità' per difetto o eccesso di qualità. Il superamento dell'idealismo crociano le ha permesso di ospitare le più disparate discipline, e oggi queste ne approfittano non poco, col rischio di generare al suo interno nicchie autoreferenziali superflue. [Rispecchiando forse la tendenza del libro odierno a divenire corpo eterogeneo, dove preme l'interdiscorsività ?]
La critica è di fatto portata ad aprire innumerevoli spazi di risonanza dentro l'opera in esame, il che le consente digressioni e un continuo aggiustamento del registro elocutivo. Tale il marchio della sua libertà, che nemmeno lo strutturalismo - fautore del binomio ‘trasparenza' testuale/ rigore del sottocodice critico - ha mai seriamente messo in causa. La lettura interpretativa è libera, dice Blanchot, perché “l'opera è ancora nascosta, forse radicalmente assente, in ogni caso dissimulata, offuscata dall'evidenza del libro, dietro la quale essa attende la decisione liberatrice, il Lazare, veni foras ”. Dischiusura dell'opera che va di pari passo con un atto intenzionale teso alla rivelazione dell'altro: non il generico biografema ma la parola abitata dal volto autoriale. E se il circuito ermeneutico riconosce il suo maggior punto d'impatto nell‘ altro soggetto, supportato dalla scrittura, l'interrogazione di partenza non può che essere attraversata da dinamiche speculari.
Questo ci conduce al cosiddetto patto autore-lettore: empatia, complicità etico-estetica, nei casi migliori scevra da narcisismo, corroborata al contrario dal sentimento di appartenenza a vicende storico-esistenziali comuni (vedi l'approccio ‘catartico' alla narrativa di un Primo Levi). L'atto critico autentico mira per principio all'omogeneità dei fini – che convergono nel rilevamento della forma di un'alterità - pur nella consapevolezza che l'accostamento all'opera si svolge sempre lungo un non risolvibile processo asindotico. Ci sono poi lettori eccezionali (da Benjamin a Blanchot a Praz) capaci di convogliare la pluralità dei filoni di senso svelati entro formule critiche ‘universalizzanti'. L'importante è che esse non divengano feticci o luoghi comuni, ma che, proprio a motivo della loro intima ricchezza, possano stimolare il proseguimento della vicenda ermeneutica.

Gilberto Isella è critico letterario (in particolare di poesia) per quotidiani e riviste ticinesi, autore di numerosi libri in versi e di traduzioni dal francese.

 

Il libraio, tra critica e pubblicità
di Edy Mombelli

Vi sono sempre più libri che viaggiano da soli ,   preceduti da immensi battage pubblicitari , magari pubblicati contemporaneamente in diversi paesi addirittura con la stessa imagine in copertina ( pensiamo ad Isabel Allende ), essi non hanno bisogno dell'“aiuto ” di un libraio per giungere sul comodino  del lettore . Sono i libri che si trovano un po ' ovunque , perfino nei supermercati e che subito balzano in cima alle classifiche di mezzo mondo , facendo la fortuna delle grandi catene librarie , degli editori e ovviamente degli autori . Spesso le loro uscite sul mercato sono corredate da eventi extra, non necessariamente vicini alla letteratura , come si è visto recentemente , in occasione dell'uscita dell'ultimo episodio della saga di Harry Potter.
Il libraio indipendente , che pure si affida alla critica , in parte per evincere quanto di buono vi sia nel mare imperscrutabile delle pubblicazioni ( che solo in lingua italiana raggiungono i 30'000 titoli all'anno ) e in parte per crearsi una propria opinione , rappresenta l'anello mancante fra l'opera letteraria e il lettore esigente . Quello cioè che ha ancora il tempo e la voglia di recarsi in una piccola libreria , di scrutare con occhio curioso le copertine e le quarte di copertina dei libri  , di chiedere un consiglio . Il libraio con il tempo sviluppa un istinto verso le cose  buone , magari estrapolandole dalla critica stessa , e arriva perfino a creare dei suoi piccoli personali casi letterari , facendosi a sua volta cartina di tornasole per i lettori/clienti . A permettergli tutto ciò è il tempo, che ha e che dà ,  non è mosso da impellenze di vendita tout court né dall'eccessiva pressione del cliente , è lontano dall'immediatezza e dalla fretta , perché lavora ancora con un ideale . Mi è capitato di pubblicare delle raccolte di poesie per una piccola casa editrice che porta il nome della mia libreria ben sapendo che la poesia vende molto poco ,  ma ugualmente , quelle che sono uscite sono pagine preziose , che in un certo modo sono assurte a poetico emblema della libreria stessa . Strumenti importanti di critica letteraria sono per me oltre i   quotidiani ticinesi nelle pagine culturali , il settimanale “ Azione” per le sue preziose pagine letterarie mentre dall ? Italia nel domenicale inserto del “Sole 24ore”, il sabato “ Tuttolibri” nella Stampa di Torino , “la Repubblica” e “la Talpa” nel “Manifesto” oltre il mensile “ Poesia” e il giovanile “Pulp” ogni due mesi .

Edy Mombelli dirige la libreria “Leggere” a Chiasso, la quale è all'origine di una piccola collana di pubblicazioni poetiche.

 

Sulla critica letteraria
di Karin Schneuwly

Sono felice che gli stimoli voyeuristici della critica letteraria si affievoliscono lasciando spazio a un maggiore impegno intellettuale.

Karin Schneuwly lavora presso la Literaturhaus Zürich .

Traduzione di Antonella Brubacher

 

Il bibliotecario e la critica letteraria
di Laurent Voisard

Il bibliotecario svolge un ruolo particolare nel mondo del libro. È un anello della catena, ma è al contempo compratore e venditore, richiedente e promotore. Occupa l'invidiabile posto di mediatore. Vive fianco a fianco con il suo pubblico e ne conosce i gusti. La difficoltà del lavoro del bibliotecario non sta tanto nella promozione, poiché riesce quasi sempre a proporre il contenuto di libri che dovrebbe conoscere, quanto nel trovare, nella profusione di titoli sul mercato, quei famosi romanzi da cui non si può prescindere. Come lo scrittore, il bibliotecario è obnubilato da una sola cosa: che un romanzo trovi il suo lettore, che il libro sia letto e se possibile apprezzato. Ogni libro ha il suo lettore, fosse anche unico, e il bibliotecario ama prendersi il tempo necessario perché questo incontro si realizzi. Non ha pressioni economiche immediate. Il libro, sul suo scaffale, può aspettare serenamente il suo lettore. Un bibliotecario sperimentato conosce gli autori, gli editori, le collane, si fida del proprio fiuto. È aiutato anche dal cugino libraio, con il quale il profano spesso lo confonde. Ma si appoggia anche sulla critica letteraria per allargare le sue scelte. In Svizzera romanda, come ovunque altrove, la critica fa quello che può di fronte alla sovrapproduzione letteraria. Prova a stare a galla, raccomanda spesso, stronca raramente – a eccezione degli autori romandi e dei pezzi grossi attirati da una improvvisa facilità – ma, in questa mescolanza necessaria alla sua sopravvivenza, la critica evacua la grande marea di produzione che l'annegherebbe. Una critica influenzataa, dei librai e dei bibliotecari sommersi offrono a dei lettori che spesso vanno di fretta dei titoli di successo la cui valanga per finire ci sommergerà tutti. Io, lettore, ho preso l'abitudine di fidarmi di qualche scopritore di talenti che imperversa in Svizzera romanda e in Francia. Evidentemente nessuno può leggere tutto, e l'individuazione congiunta della critica, del libraio e del bibliotecario è la sola salvezza del lettore.

Bibliotecario di formazione, Laurent Voisard è attualmente direttore di Bibliomedia Suisse a Losanna, la biblioteca delle biblioteche.

Traduzione di Alessandra Moretti